Chiara Tuna non è solo una mia lettrice, ma anche la mia spacciatrice di letteratura. Lei ancora non l’ha capito bene bene, ma è una scrittrice coi fiocchi. Lo dico con cognizione di causa, perché ho letto una sua raccolta di racconti.
Questa sua recensione di Reboot mi ha davvero commosso, mentre la leggi vado a prendere un fazzoletto per asciugarmi le lacrime.
Ho letto Reboot, di Alessandro Liggieri
Un libro particolare, per una serie di motivi che mi costringono a fare un elenco (e quanto mi piace fare gli elenchi da ocd, pochi possono saperlo davvero).
- perché mi hanno detto che lo stile somiglia a quello di uno dei miei scrittori preferiti persempre (nda Christopher Moore);
- perché il mio compagno (che ha un ruolo nella nascita di questa creatura) me l’ha spinto a manetta;
- perché mi incuriosiva dato che ne conosco bene la storia (ovvero che è un libro nato un po’ per caso ma che alla fine è stato pubblicato da uno dei gruppi editoriali che amo di più);
- perché lo stesso Alessandro, l’uomo che l’ha scritto, mi ha chiesto in prima persona di leggerlo (e questo è stato il fomento finale dato che per me gli scrittori sono meglio delle rockstar e una richiesta del genere da uno scrittore non può che venire esaudita, da parte mia).
Insomma, dire che è un libro “particolare”, è da scolari delle medie, perché si sa che l’aggettivo è talmente generico che, appunto, può racchiudere in sé una serie praticamente infinita di sfumature.
Ebbene, Reboot mi è piaciuto, ma oltre a notarci somiglianze col caro Moore, ci ho visto anche qualche analogia con John Niven (quello che ha scritto “A volte Ritorno”, altro libro che ho molto amato), soprattutto nel delineamento dei personaggi e in come il pretesto generale viene affrontato.
Ora, vorrei anche smentire quello che Alessandro stesso ha scritto qualche tempo fa: lui è Moore non sono la stessa persona, e per fortuna!
Per fortuna perché se uno scrittore non trova la sua voce, non è degno di essere chiamato tale, mi hanno detto una volta.È questo libro ha una voce sua, simpatica, divertente e sincera. Proprio come Alessandro (o almeno quel poco di lui che ho avuto la fortuna di conoscere).
Reboot è un libro che mi ha fatto ridere e divertire, ma che mi ha fatto anche pensare. Mi ha fatto pensare che, in fondo, anche se avevamo un’immagine molto diversa della nostra vita quando abbiamo iniziato ad affacciarci ad essa, non vuol dire che siamo dei falliti se non tutto è andato come volevamo. Non vuol dire che se uno lavora al call center sia per forza un cretino senza speranza, e non vuol dire che non possa essere in grado di cambiare il mondo.Io ci credo. Credo fermamente che il lavoro che fai non sia necessariamente la tua identità, ma che non è colpa tua se in qualche modo dovrai pure portarlo a casa il pane per mangiare, soprattutto in Italia e soprattutto oggi.
E credo che al di là di tutto quello che ci cade addosso ogni giorno, rendendoci troppo spesso preda dell’accidia, possiamo ancora ridere e migliorare la nostra vita.
Reboot è un libro divertente con un’anima profonda che è in grado davvero di portare un po’ di bellezza. E qual è il compito di un libro se non questo?
E, alla fine, anche se ci nascondiamo dietro una maschera di ironia e cinismo, rimane di noi quello che siamo veramente: degli inguaribili romantici che credono ancora anche di poter cambiare le cose in meglio. Giusto?
Perciò mi sento di ringraziare Alessandro per questo libro che mi ha permesso di specchiarmici dentro ricordando una cosa così importante.
Grazie
Grazie a te Chiara Tuna. Davvero!