Il sacro bosco di Bomarzo

Santuari neoplatonici nei Cimini

Santuario

Il vero viaggio era dei pellegrini alla volta d’un santuario. In apparenza s’inerpicavano su per un’erta, ma in realtà stavano sollevandosi al di sopra del mondo; in apparenza entravano nel santuario sulla vetta, ma in realtà penetravano la tenebra abbagliante del divino. Sembrava che percorressero tappe d’un periplo terreno, ma nell’intimo loro era come se s’inoltrassero fra le stelle. Il Cammino di Santiago di Compostela era la Via Lattea, le cattedrali mariane fra Chartres e Laon disegnavano la costellazione della Vergine, il Campo dei Miracoli a Pisa riproduceva il segno dell’Ariete.

Gli antichi tenevano a mente le volte celesti quanto i paesaggi diurni, e sentivano di ogni astro il ritmo come fosse il battito d’una creatura viva. Amavano il cielo, se ne sentivano risucchiare. Tutto ciò che era bello e giusto era astrale, dire d’una persona, d’un luogo che erano stelle esprimeva un’esperienza, una sovrapposizione d’immagini.

I Romani, per denotare il pensare, coniarono con-siderare, stare accanto alle stelle, e de-siderare fu il venir meno alle stelle, provare una mancanza. Santuario era il luogo dove si toccava il cielo col dito. Plinio nel Panegirico di Traiano scriveva che Giove «risiede manifesto e presente tra are e altari, come in cielo e tra le stelle»

Per ripristinare nella fantasia l’aura siderale dei santuari e dei pellegrinaggi, non è consigliabile visitare spoglie cristiane, adulterate. Possono viceversa servire le nude pietre dei templi d’una religione parallela, quella neoplatonica astrale del Rinascimento. Di essa fanno ancora stupendamente fede luoghi come il cortile di Palazzo Spada o la Farnesina. I santuari neoplatonici forse sono ancora oggi visitabili perché non conobbero oltraggi e viltà postume. Così il Sacro Bosco di Bomarzo, nella costellazione mirabile dei templi neoplatonici cimini, può essere accostato, eventualmente in una giornata lievemente piovosa dell’autunno.

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